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LA CREAZIONE NELLA FINZIONE

 

di FEDERICA IACOBELLI

 

Massimiliano Camellini, Il laboratorio dell’ossessione.

Dalla scienza al sogno (5 Continents Edizioni, Milano 2010).

 

 

È tutto finto, direbbe qualcuno. Ma nelle opere fotografiche di Massimiliano Camellini, che questo libro riproduce e accompagna a brevi e densi saggi di Massimi Centini, Jonny Costantino, Mara Granzotto e Georges Vercheval, la finzione è esplicitamente creazione, su un doppio livello, e sa e può alludere per questo, in forma e sostanza, a una e più verità dell’umano. Si tratta infatti di immagini “rubate”, anzi meglio sarebbe dire “cercate” con l’occhio e la lente di una sana ossessione, nei laboratori degli effetti speciali per l’arte del cinema e non solo. Si tratta quindi di corpi umani “finti”, ricostruiti, ricreati nella e per la finzione di un’arte che come tutte le arti prova a raccontare la vita. È tutto finto, evidente. Ma il guardarle, complice anche la loro nudità accentuata dalla scelta del bianco e nero, ci porta nell’universo del concepimento, della nascita, della crescita, del deperimento e della morte; insomma, nell’universo del corpo e della vita. Ciò che viene alla mente, andando a fondo in un riferimento più volte citato, sono la vita e l’opera dell’autrice del Frankenstein, Mary Shelley: la creazione, o finzione, di un mostro assemblato a cui infondere vita, inventata dalla donna anche per ovviare al dolore personale dei figli persi o abortiti, ovvero alla frustrazione di una creazione tutta reale, tutta carne e sangue e certo opera di due corpi, non di uno solo. Neonati, arti amputati, bulbi divelti, strumenti di sezionamento dei corpi: nelle immagini di Camellini, di cui il libro lascia ben intravedere la forza “dal vivo”, aleggiano attivi e presenti l’ossessione umana della creazione e il vento che soffia all’incrocio tra il nostro maschile e il nostro femminile. Così, alla fine, gusti musicali ed estetici a parte, non stupisce più quella dedica che campeggia subito dopo il risguardo e che per prima salta agli occhi dello spettatore: «Questo lavoro è dedicato a Renato Zero, per la sua immensa e costante fiducia nell’uomo».

 

camillini

 

 
 

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